Bambini sempre raffreddati in inverno? Ecco cosa accade davvero quando arriva il freddo

Bambini sempre raffreddati in inverno? Ecco cosa accade davvero quando arriva il freddo

Bambini sempre raffreddati in inverno? Ecco cosa accade davvero quando arriva il freddo - bergamorespira.it

Alessandra Perrone

Novembre 16, 2025

Un lunedì mattina un genitore porta il figlio a scuola con il classico fazzoletto in mano: tosse, naso che cola e un’altra giornata persa. Scene come questa si ripetono in molte città italiane nei mesi freddi, e la reazione più comune è chiedersi se la causa sia il vento o un cappello dimenticato. La risposta dei ricercatori è diversa: non è il solo freddo a provocare il raffreddore, ma un insieme di condizioni che favoriscono la circolazione dei germi. Qui cerchiamo di spiegare con chiarezza cosa cambia nell’ambiente, perché i bambini si ammalano spesso e quali azioni concrete aiutano a ridurre i contagi.

Perché in inverno i raffreddori aumentano

L’aumento dei casi respiratori in questa stagione non nasce dal calo della temperatura in sé, ma da come viviamo il freddo. In molti ambienti si sta più a lungo al chiuso e questo innalza la probabilità che un virus passi da un bambino all’altro. Le aule, gli asili e gli spazi condivisi sono luoghi dove le persone restano vicine, toccano le stesse superfici e non sempre hanno l’abitudine consolidata di coprirsi quando tossiscono. Un dato che in molte scuole italiane viene osservato: la vita di comunità è il veicolo principale dei contagi.

Un dettaglio che molti sottovalutano è il ruolo dell’aria secca. Il riscaldamento degli ambienti riduce l’umidità relativa e questo rende le mucose più vulnerabili: le secrezioni si addensano e le ciglia che puliscono le vie respiratorie perdono efficienza. Inoltre, studi recenti indicano che temperature nasali più basse possono ridurre la produzione di piccole vescicole che intrappolano i virus, diminuendo la risposta locale. Non è un meccanismo definitivo, ma è un elemento che spiega parte del fenomeno.

Va ricordato che i bambini, soprattutto quelli in età prescolare, incontrano ogni anno decine di virus diversi e il loro sistema immunitario è ancora in formazione. È quindi normale registrare numerosi episodi respiratori: non sempre sono segnali di fragilità, ma spesso tappe di un processo di apprendimento immunitario.

Che succede alle mucose e all’aria degli ambienti chiusi

Nelle stanze chiuse si accumulano goccioline respiratorie e particelle: basta una persona infetta perché il rischio di exposure aumenti. Il problema si aggrava se il ricambio d’aria è scarso e l’umidità scende sotto il 40 per cento. In queste condizioni i virus come i rinovirus e l’influenza sopravvivono più a lungo sulle superfici e nell’aria. Un fenomeno che in molte realtà scolastiche italiane viene segnalato dai tecnici: ricambiare l’aria riduce la carica virale nell’ambiente.

Un altro elemento concreto è la disidratazione delle membrane mucose: quando sono ben idratate, naso e gola costituiscono una barriera efficace contro gli agenti. Se l’aria umida scarseggia, le difese locali calano e le particelle virali hanno più facilità ad attecchire. Per questo motivo la semplice apertura regolare delle finestre è una misura pratica ma potente.

Bambini sempre raffreddati in inverno? Ecco cosa accade davvero quando arriva il freddo
Bambini sempre raffreddati in inverno? Ecco cosa accade davvero quando arriva il freddo – bergamorespira.it

Un aspetto che sfugge a chi vive in grandi città è l’effetto combinato di riscaldamento artificiale e ventilazione insufficiente: in alcuni edifici la qualità dell’aria interna peggiora durante i mesi freddi, amplificando il rischio di diffusione. Per questo molte scuole adottano piani di areazione e controllano l’umidità, azioni che hanno un impatto tangibile sulla riduzione dei casi.

Cosa fare: misure semplici ed errori da evitare

La prevenzione non si basa su gesti complessi: servono abitudini costanti. Lavarsi le mani correttamente, insegnare ai bambini a coprirsi quando tossiscono e arieggiare regolarmente gli spazi sono pratiche che riducono significativamente i contagi. In molte famiglie italiane si nota già un cambiamento: semplici routine quotidiane portano risultati concreti. Un dettaglio che molti sottovalutano è la regolarità del sonno e dell’alimentazione: avere ritmi stabili sostiene il sistema immunitario e diminuisce la vulnerabilità.

Stare all’aperto, se i bambini sono ben vestiti, è invece una forma di prevenzione. All’esterno la concentrazione di agenti infettivi si diluisce rapidamente e il movimento favorisce la circolazione e il benessere generale, oltre a esporre alla luce solare, fonte naturale di vitamina D. Evitare l’uscita per paura del freddo priva i bambini di aria pulita e attività fisica, senza ridurre in modo efficace il rischio di infezione.

Gli integratori “rinforzanti” non sono necessari nella maggior parte dei casi: un’alimentazione equilibrata spesso garantisce i nutrienti necessari. Solo in caso di carenze specifiche il pediatra può suggerire supplementi. Infine, è importante sapere quando chiedere assistenza medica: nei neonati e nei lattanti anche un raffreddore merita attenzione, mentre per i bambini più grandi è utile consultare il medico se le infezioni sono molto frequenti o prolungate.

In molte scuole e comunità italiane questa visione pratica sta prendendo piede: migliorare la qualità dell’aria, mantenere buone abitudini igieniche e permettere il gioco all’aperto sono interventi semplici che cambiano concretamente la quotidianità delle famiglie.